Progetti

Tango Forever

Viaggio nel mondo del tango da Gardel a Piazzolla
“Un pensiero triste che si balla”.

Con questa che è la più ricorrente e inflazionata definizione del tango, Enrique Santos Discepolo (1901 – 1951) ha sintetizzato forse meglio di ogni altro l’anima di quello che non è solo un genere musicale e una danza, ma un fenomeno sociale di ampia portata che ha caratterizzato un’epoca.
Nato intorno al 1880 nella periferia delle grandi capitali rioplatensi Buenos Aires e Montevideo, il tango trae origine da una situazione del tutto simile a quella  dalla quale prese le mosse,più o meno nello stesso periodo, il jazz.Se quest’ultimo, infatti, scaturì dall’interazione di più culture in quella fucina di popoli e razze diverse che era New Orleans di fine ‘800, in quegli stessi anni il tango vide la luce in una Buenos Aires affollata dall’ondata migratoria europea, fatta soprattutto di spagnoli e italiani, e da contadini nomadi inurbati disorientati dalla perdita della cultura legata alla terra.Come il jazz degli albori conobbe la sua prima stagione nei bordelli di Storyville, così il tango prosperava nelle case di piacere situate nei pressi delle caserme e del porto; entrambi si fanno portavoce di condizioni di emarginazione e sono legati alle componenti più diseredate della società cui appartengono. E’ in queste situazioni di forte instabilità culturale che la musica diventa espressione più autentica del disagio di un popolo, e il tango narra la violenza e la sorte della malavita dei quartieri più degradati della città. Musicalmente il tango scaturisce dalla fusione di elementi tratti dalla habanera e dalla milonga e, ben presto, con l’aggiunta di un testo, si trasforma in canzone da ballo. Nei testi le tematiche che ricorrono più di frequente sono. la città, con le sue strade e i suoi marciapiedi, ulteriore testimonianza dell’origine cittadina del tango; gli amori fragili, falliti, temuti e senza speranza; la notte, associata alla malinconia e al pianto; il tempo, inteso come percorso a senso unico che cancella e uccide, che fugge e distrugge tutto.
Con i primi successi nascono anche i primi divi del tango, siano essi cantanti o famosi ballerini e, a partire dal primo decennio del secolo, l’Europa viene investita da una vera e propria “tangomania”, la quale assume dimensioni inedite, diventando in particolare prerogativa dei nobili e dei governanti.Dopo un secolo di dominio incontrastato, il valzer aveva infatti perso la sua carica trasgressiva, e il vecchio continente restò fortemente affascinato da questo nuovo ballo, fatto di passi complicatissimi e da una spiccata carica di erotismo che, se da un lato intrigava irresistibilmente soprattutto gli esponenti dell’alta società, dall’altro scatenava la vena polemica dei benpensanti e naturalmente della Chiesa, che già in passato aveva scagliato i suoi anatemi contro il più “casto” valzer.
Tra i cantanti di maggior successo, Carlos Gardel (1887 – 1935) fu un vero e proprio idolo popolare e voce per antonomasia del tango. Per avere la misura del successo e della popolarità di Gardel, possiamo far ricorso alle parole di Meri Lao, secondo la quale fu “…. un fenomeno musicale raffrontabile, all’epoca, solo a quello scatenato da Caruso.E, più avanti, da Elvis Presley”.
La tragica morte in un incidente aereo il 24 Giugno del 1935 ne rafforzò il mito, e le sue esequie si tennero in uno stadio di Buenos Aieres cui parteciparono migliaia di persone. Come detto, il tango in origine nasce come musica strumentale finalizzata al ballo. Gli strumenti tipici del tango diventano il violino, cui si dà l’affettuoso appellativo di jamòn (prosciutto) il pianoforte, il contrabbasso, e soprattutto il bandoneon, un tipo di fisarmonica di origine tedesca giunta e affermatasi in Argentina probabilmente a seguito della caleidoscopica migrazione europea in America Latina.   “Tango Forever” è uno spettacolo che nella prima parte propone alcuni dei brani più significativi della storia del tango con la presenza di un testo, arricchito dai suggestivi versi del poeta Jorge luis Borges (1899 – 1986), che ha lo scopo di condurre l’ascolatatore attraverso questo affascinante viaggio. La prima parte si chiude con un simbolico passaggio di consegne tra Gardel e Piazzolla, compositore del quale ricorre il decennale della morte e a cui è dedicata la seconda parte del concerto.   Non si può infatti parlare di tango senza rendere omaggio ad Astor Pazzolla (1921 – 1992), le cui musiche in quest’ultimo decennio hanno popolato come non mai le sale da concerto e i cataloghi discografici di tutto il mondo. Personaggio molto discusso, Piazzolla compare sulla scena musicale intorno alla metà degli anni ’50, epoca in cui dal punto di vista creativo il tango viveva un monemto di stanca. Musicista colto, formatosi con Alberto Ginastera in patria per poi proseguire in Europa studiando direzione d’orchestra con Hermann Scherchen e composizione con Nadia Boulanger, Piazzolla operò un intervento riformatore sul tango attraverso una virata intellettuale, trasformando questo genere in una musica raffinata, fatta per essere ascoltata, spostando il luogo di fruizione dalle sale da ballo alle sale da concerto. Riprendendo le parole dello stesso Piazzolla, con le sue composizioni “….è apparso un altro tango, un tango intelletuale, un tango da pensare, un tango non da ballare e non da cantare, un tango non antico,un tango non tradizionale, un tango un pò da camera…”.Ma in Argentina il tango era una realtà fortemente radicata, rappresentava un motivo di orgoglio nazionale; per questo l’operazione condotta da Piazzolla apparve in patria una vera profanazione, tanto che costò al compositore anni di marcato ostracismo da parte della critica, boicottaggio dalle case discografiche e diffidenza riservatagli da una parte del pubblico. I brani in programma rappresentano alcune tra le pagine più interessanti i nello stesso tempo meno frequentate del compositore: si va da un inconsueto Piazzolla “sacro” con L’Ave Maria, al Concerto per bandoneon che segue la suddivisione in tre movimenti del concerto classico, alla Milonga de la Anunciacion tratta dall’ambiziosa opera-tango Maria de Buenos Aires composta su testo di Horacio Ferrer. Lo sganciamento dal ballo, la valorizzazione del tessuto strumentale, la predisposizione all’improvvisazione, la particolare ricchezza delle soluzioni armoniche fanno della musica di Piazzolla un’elegante sintesi che rimane, nonostante tutto, fortemente tango. Il tempo ha dunque dato ragione a Piazzolla, la cui dimensione trasversale di musicista moderno nel senso più fecondo del termine lo ha fatto apprezzare come una delle personalità del mondo musicale più interessanti del dopoguerra.

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